Ferie non godute, l’avvocato: “La sentenza della Corte di Giustizia apre una breccia per i dirigenti sanitari”
Intervista all’avvocato Consulcesi Francesco Del Rio sulla recente pronuncia della Corte di Giustizia europea sul caso di ferie non godute di un dipendente pubblico del comune di Copertino. Come cambiano le carte dopo la sentenza europea?
Di recente la Corte di Giustizia Europea è intervenuta sulla spinosa materia dell’indennità sostitutiva per
ferie annuali retribuite e non godute. LA CGUE ha condannato la normativa italiana sul tema perché in
contrasto con il diritto comunitario, ritenendo nulle sia le ragioni di contenimento della spesa pubblica che le esigenze organizzative del datore di lavoro pubblico poste a fondamento della legge nazionale.
Inoltre, si è ritenuto che l’indennizzo debba essere riconosciuto persino a coloro che si dimettano
volontariamente, da che si può dedurre che le cause della cessazione del rapporto (pensione di vecchiaia, dimissioni, pensione anticipata ecc.) non influiscono sul riconoscimento del diritto al lavoratore.
Sulla materia il dibattito è molto acceso e tante sono le proteste da parte dei dipendenti, specie dirigenti sanitari, del settore pubblico che non sono riusciti ad ottenere il pagamento dell’indennizzo reclamato.
Abbiamo raggiunto l’avvocato Francesco Del Rio, legale del network Consulcesi, per un confronto su cosa sta succedendo.
L’avvocato Del Rio sarà presente il 28 febbraio alle ore 17 al webinar gratuito “Ferie non Godute: conosci i tuoi diritti” organizzato da Consulcesi Club.
Le disposizioni comunitarie
Sulla materia sono due le disposizioni di matrice europea: L’articolo 7 della direttiva 2003/88/CE definisce il diritto alle ferie retribuite fondamentale e di fatto irrinunciabile, in quanto diretto al recupero delle energie psicofisiche spese dal lavoratore per la prestazione lavorativa svolta.
L’articolo 31, paragrafo 2, della Carta dei Diritti fondamentali dell’Unione Europea, stabilisce che “ogni
lavoratore ha diritto a una limitazione della durata massima del lavoro e a periodi di riposo giornalieri e
settimanali e a ferie annuali retribuite”.
La vicenda
Lo scorso 18/01/2024, la CGUE ha pubblicato una sentenza con cui è nuovamente intervenuta riguardo alla giusta interpretazione che tutti gli stati membri (in particolare l’Italia) devono alla disciplina comunitaria sull’indennità finanziaria per le ferie annuali retribuite non godute.
Il caso su cui si è espressa riguarda un ex dipendente pubblico del Comune di Copertino che ha impugnato il rifiuto opposto dall’ente alla sua richiesta di liquidazione dell’indennità per i 79 giorni di ferie non godute, in quanto si era dimesso volontariamente.
L’indennizzo gli era stato rifiutato dal Comune che, facendo leva sull’art. 5, comma 8, del D.L. n. 95/12,
riteneva la richiesta illegittima in quanto il lavoratore era consapevole dell’obbligo di fruire delle ferie già
prima della fine del rapporto, concluso per scelta volontaria di quest’ultimo. Il magistrato italiano, dovendo decidere sulla questione, rilevava che già la Corte Costituzionale, con sentenza n. 95/2016, aveva confermato la legittimità dell’art. 5, comma 8, del D.L. n. 95/12, applicabile ai dipendenti pubblici, non ritenendo tale disposizione contraria né al diritto dell’Unione né a quello internazionale.
Nella stessa pronuncia venivano sottolineate anche le esigenze di contenimento della spesa pubblica e i
vincoli organizzativi del datore di lavoro pubblico, rimarcando come il divieto mirasse a reprimere
l’incontrollato ricorso alla monetizzazione, privilegiando l’effettiva fruizione dei periodi di riposo. Il Giudice
italiano sospendeva quindi il giudizio, rimettendo alla Corte di Giustizia Europea l’interpretazione da dare.
Le conclusioni della Corte di Giustizia europea
Qual è stata la conclusione? “La CGUE – spiega Del Rio – ha concluso dichiarando che l’articolo 7 della
direttiva 2003/88 e l’articolo 31, paragrafo 2, della Carta devono essere interpretati nel senso che si
oppongono a una normativa nazionale che, per ragioni attinenti al contenimento della spesa pubblica e alle esigenze organizzative del datore di lavoro pubblico, prevede il divieto di versare al lavoratore un’indennità finanziaria per i giorni di ferie annuali retribuiti e non goduti alla data della cessazione del rapporto di lavoro, qualora egli ponga fine volontariamente a tale rapporto di lavoro e non abbia dimostrato di non aver goduto delle ferie nel corso di detto rapporto di lavoro per ragioni indipendenti dalla sua volontà”.
Si è quindi aperta una breccia, prosegue Del Rio, “ormai definitiva, che porta ad un rafforzamento delle
garanzie del dirigente medico e dell’operatore sanitario pubblici che, dovendo spesso sacrificare il loro
diritto al riposo per far fronte a cronici deficit organizzativi aziendali, possono perlomeno confidare nella
residuale opportunità di ottenere, al momento della cessazione del rapporto lavorativo (senza distinzione
di causa), il pagamento dell’indennità sostitutiva limitandosi ad allegare che il rapporto è cessato e che non hanno allora potuto godere dei giorni di ferie maturati”.
La prescrizione decennale, inoltre, consente “un’ampia finestra anche a coloro che, interrotto da tempo il
loro rapporto di lavoro (a ritroso fino a coloro che hanno cessato il loro rapporto dal 2014 ad oggi),
rammentano di aver lasciato sul campo numerosi giorni di ferie non fruite che, anche grazie alla Corte di
Giustizia Europea, potranno trovare giusto e congruo ristoro economico”, conclude l’avvocato del network Consulcesi.